I soggetti che non rispettano le misure di prevenzione volte a contrastare la diffusione del virus Covid 19 possono ricevere contestazioni dalle Forze dell’Ordine per la violazione delle seguenti norme:

 

1) PROFILO AMMINISTRATIVO: art. 4 del Decreto Legge n. 19 del 25 Marzo 2020

La norma introduce una sanzione pecuniaria di natura amministrativa per i trasgressori delle misure anti – Covid 19, per una somma compresa tra un minimo di 400 euro e un massimo di 3.000 euro.

È inoltre previsto l’aumento di un terzo per i soggetti alla guida di un veicolo (senza applicazione del fermo amministrativo e della confisca sul veicolo stesso), e l’aumento sino al doppio in caso di reiterazione della condotta.

La presente disposizione introduce inoltre una sanzione accessoria nei confronti dei proprietari di esercizi commerciali che non osservino le limitazioni imposte dal decreto, corrispondente ad una chiusura dell’attività sino a 5 giorni, aumentata sino a 30 in caso di reiterazione della condotta.

Importante novità:

l’aspetto sicuramente più importante del presente articolo è il fatto che, come recita testualmente la norma stessa “le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in  vigore  del  presente decreto, ma in tali casi le sanzioni  amministrative  sono  applicate nella misura minima  ridotta  alla  metà”

 

Ciò significa che, da un lato non solo tutti i trasgressori delle misure anti – coronavirus saranno solo sanzionati sul piano amministrativo senza essere coinvolti in un procedimento penale (ad eccezioni di casi “estremi” di cui al successivo punto 2), ma che, dall’altro, gli stessi soggetti denunciati penalmente nelle passate settimane ai sensi dell’art. 650 C.p. potranno beneficiare della presente disposizione. La loro sanzione penale verrà infatti sostituita da quella amministrativa in via retroattiva nella misura di € 200,00.

Come agire a seguito della contestazione:

Si evidenzia quindi come, in caso di contestazione per violazione delle norma di prevenzione e contrasto alla diffusione del virus Covid 19 ai sensi dell’art. 4 del Decreto legge del 24 Marzo 2020, prenda corpo solo un procedimento amministrativo. Il privato non rischia pertanto nulla sul piano penale (ad eccezione dei casi di cui al successivo punto 2).

L’organo competente è il Prefetto, il quale, una volta ricevuta la contestazione dagli organi di Polizia, dovrà valutare se:

  • archiviare la contestazione;
  • emettere al contrario ordinanza di ingiunzione di pagamento, avverso la quale sarà possibile ricorrere sia nanti allo stesso Prefetto, che nanti al Giudice di Pace mediante apposito ricorso.

 

 

2) PROFILO PENALE: art. 260 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie e art. 452 del Codice Penale

 

Il presente decreto interviene inoltre richiamando disposizioni penali per casi di estrema gravità, e che non riguardano le contestazioni “ordinarie” sin qui viste in concreto nelle settimane precedenti.

La prima è l’articolo 260 del Testo Unico delle Leggi Sanitari, che e punisce chi non osserva un ordine “legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva” con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000.

 

Tale disposizione interviene tuttavia solamente nei confronti di coloro che violino il “divieto assoluto di allontanarsi dalla  propria  abitazione  o dimora perché sottoposti alla misura della quarantena in quanto risultati positivi al virus”

 

Essendo prevista la pena congiunta dell’arresto e dell’ammenda, in caso di contestazione per violazione della presente norma non sarà possibile, all’atto dell’emissione del decreto penale di condanna, fare contestuale domanda di oblazione, che comporta l’estinzione del reato mediante il pagamento di una somma pari alla metà del massimo edittale previsto dalla norma stessa.

Si ritengono comunque percorribili gli altri riti alternativi del “patteggiamento” (che consiste nell’applicazione di una pena concordata con il Pubblico Ministero) o della “la messa alla prova” (corrispondente all’esecuzione di lavori socialmente utili e all’estinzione del reato in caso di esito positivo degli stessi, previa presentazione di apposito programma approvato dal Giudice presso un ente convenzionato).

 

Il decreto legge cita, in via residuale, anche l’art. 452 del Codice Penale, rubricato come “delitti colposi contro la salute pubblica”. Il presente articolo rimanda ad altre due norme, vale a dire:

 

  • l’art. 438 C.p., rubricato come “epidemia”;
  • l’art. 439 C.p., rubricato come “avvelenamento di acque o di sostanze alimentari”

 

Posto quanto sopra, la norma recita testualmente che:

“chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito: 1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;

2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo; 3) con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.(…)”

 

A prescindere da quanto evidenziato, è evidente come la presente disposizione codicistica sia in concreto raramente applicabile.

 

CONCLUSIONI:

A seguito del recente decreto legge, in caso di violazione delle misure volte a contrastare la diffusione del virus Covid 19, i trasgressori non saranno più perseguiti sul piano penale, ma solo per il tramite di contestazioni di natura amministrativa. Inoltre, il presente decreto opera in via retroattiva, facendo sì che tutti i soggetti denunciati ai sensi dell’art. 650 del Codice Penale vedano commutata la sanzione pecuniaria penale dell’ammenda in una sanzione amministrativa.

Le denunce, aventi natura penali, scatteranno esclusivamente:

  • ai sensi dell’art. 260 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie nel solo caso di violazione della quarantena da parte dei soggetti positivi al virus;
  • ai sensi dell’art. 452 C.p. in caso di condotte colpose causanti un’epidemia e un avvelenamento di acque o sostanze alimentari;

in altri casi ancora più gravi, presumibilmente quelli sopra elencati ma commessi mediante condotte di natura dolosa

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